201501.19
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SUCCESSIONE: AL CONIUGE LEGALMENTE SEPARATO E NON PIU’ CONVIVENTE NON VA ATTRIBUITO IL DIRITTO DI ABITAZIONE DEL CONIUGE SUPERSTITE Cassazione Civile, Sez. II, sentenza del 22 ottobre 2014, n. 22456

È noto che il nostro codice civile, all’ art. 548, riconosce al coniuge separato gli stessi diritti successori del coniuge non separato e, quindi, anche il diritto reale di abitazione previsto dall’art. 540 2°co.

Con sentenza del 13 settembre 2004 il Tribunale di Roma, in ragione di tale disposto normativo, ha così respinto la domanda della figlia della de cuius diretta ad ottenere la condanna del padre al pagamento di una indennità per il mancato godimento di un appartamento di cui era stata spossessata dal padre, pur essendone usufruttuaria per la quota di metà per successione testamentaria della madre, deceduta. Il Tribunale aveva riconosciuto al padre, già legalmente separato al tempo di apertura della successione della de cuis e trasferitosi altrove, a seguito della separazione, il diritto di abitazione sull’immobile (oggetto della controversia) che aveva costituito la casa familiare fino al tempo della separazione personale dei coniugi intervenuta diversi anni prima.

La decisione di primo grado, impugnata dalla figlia della de cuius, era stata quindi confermata dalla Corte di Appello di Roma.

La seconda sezione civile della Cassazione, al contrari, investita della questione, con sentenza del 22 ottobre 2014, n. 22456 ha ritenuto fondato il quesito formulato dalla figlia della de cuis “se sia conforme al disposto dell’art. 540 c.c. l’attribuzione del diritto di abitazione al coniuge superstite quando lo stesso sia legalmente separato e non più convivente nella casa oggetto della disposizione successoria”. La Suprema Corte ha affermatoo il seguente principio di diritto: “in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare al momento dell’apertura della successione fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto reale di abitazione al coniuge superstite”.

Con ciò la Seconda Sezione della Corte ha richiamato espressamente la sua recentissima pronuncia n. 13407, del 12 giugno 2014, che, per la prima volta, aveva affrontato la questione, precisando nuovamente che il diritto reale di abitazione, riservato per legge al coniuge superstite (art. 540, 2°co. c.c.), ha ad oggetto la casa coniugale, ossia l’immobile che i coniugi in concreto avevano adibito a residenza familiare, che si identifica con l’abitazione in cui i coniugi – secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi – hanno vissuto stabilmente, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare. Che le espressioni usate dall’art. 540, comma 2, riferendosi alla casa che dai coniugi era stata adibita a residenza familiare (dove il concetto di residenza di cui all’art. 43, comma secondo, richiama la effettività della dimora abituale nella causa coniugale), non lasciano al riguardo spazi a dubbi interpretativi e, quindi, la ratio della suddetta disposizione è da rinvenire non tanto nella tutela dell’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto nell’interesse morale legato alla “conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, delle relazioni sociali e degli status simbols goduti durante il matrimonio”.

Pertanto, ha spiegato la Corte, se da un lato è vero che l’art. 548, comma 1, c.c. equipara, quanto ai diritti successori attribuiti dalla legge, il coniuge separato senza addebito al coniuge non separato, lasciando intendere, ad una prima lettura, che anche in favore del coniuge separato senza addebito debba riconoscersi il diritto di abitazione di cui al 2° co. dell’art. 540 c.c., tuttavia deve ritenersi, in conformità del prevalente orientamento della dottrina, che, in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza della famiglia faccia venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola.

Infatti, se il diritto di abitazione del coniuge superstite può avere ad oggetto solo l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita a residenza familiare. Evenienza che, secondo gli ermellini, non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi.