201602.18
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SEPARAZIONE: NON E’ PUNIBILE DEL REATO DI APPROPRIAZIONE INDEBITA L’EX MOGLIE CHE PRENDE DALLA CASA DEL MARITO I MOBILI ACQUISTATI IN COSTANZA DI MATRIMONIO PER TRASPORTARLI NELLA SUA NUOVA ABITAZIONE – Corte di Appello di Palermo, sentenza n. 2349/2015

In una recente sentenza (n. 2349/2015), la Corte di Appello di Palermo ha dato ragione a una donna che era stata dichiarata colpevole del reato di cui all’art. 646 c.p. (appropriazione indebita) e, quindi, condannata in primo grado alla pena di mesi due di reclusione e al pagamento di € 200,00 di multa, oltre a quello delle spese processuali, perché al fine di trarne profitto si era appropriata degli arredi, dei mobili e dei suppellettili, da lei stessa detenuti all’interno dell’immobile di proprietà dell’ex marito, già usato dalla coppia quale casa famigliare, non restituendoli al marito e trasportandoli presso la sua nuova abitazione.

La donna aveva proposto appello, lamentando tra i vari motivi, che i beni in questione erano di proprietà comune, essendo stati acquistati in regime di comunione legale, ed assumendo che non si era appropriata dei mobili, ma li aveva semplicemente mossi da un appartamento ad un altro.

Invocava, inoltre, la carenza dell’elemento soggettivo del reato contestatole.

Il Collegio giudicante ha ritenuto fondato l’appello, in quanto, si legge in sentenza, nel caso di specie è risultato “carente” l’elemento soggettivo del reato contestato “costituito dalla volontà di appropriarsi della cosa mobile altrui al fine di procurarsi un ingiusto profitto”.

Invero, a dire del Collegio, l’imputata, nell’atto di opposizione al precetto, deducendo di essere creditrice nei confronti del marito per le spese relative a lavori di miglioramento effettuati in precedenza nell’abitazione comune, ha dichiarato di avvalersi del diritto di ritenzione di cui all’art. 1152 c.c. per il possessore di buona fede.

Ebbene, secondo la Corte d’Appello di Palermo, l’esercizio del citato diritto di ritenzione da parte della moglie “è evidentemente incompatibile con la volontà della stessa di appropriarsi dei medesimi mobili al fine di trarne un ingiusto profitto”.

Quindi, il Collegio giudicante ha assolto l’imputata perché il fatto non costituisce reato.

Avv. Francesca Baldelli