201503.31
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SEPARAZIONE: I TITOLI OBBLIGAZIONARI ACQUISTATI DA UN CONIUGE IN REGIME PATRIMONIALE DI COMUNIONE LEGALE CON I PROVENTI DELLA PROPRIA ATTIVITA’ LAVORATIVA SONO DA CONSIDERARSI UNA FORMA D’INVESTIMENTO E RIENTRANO NELLA NOZIONE DI “ACQUISTI” DI CUI ALL’ART. 177, 1°CO., LETT. A) C.C. E QUINDI CADONO IN COMUNIONE IMMEDIATA E NON IN COMUNIONE DE RESIDUO Cassazione Civile, sentenza del 9 ottobre 2007, n. 21098

Deve ritenersi superato l’orientamento secondo il quale solo i diritti reali, e non anche i diritti di credito, acquistati durante il matrimonio, possono entrare a far parte della comunione legale

La sentenza in esame non è recente, ma tratta un tema frequentemente oggetto di quesiti e dubbi.

Nel caso di specie sotteso al pronunciamento in commento, due coniugi vivevano in regime di comunione dei beni.

Durante il matrimonio, il marito sottoscriveva un numero consistente di obbligazioni al portatore emesse da una società per azioni per un valore rilevante. Dopo qualche tempo, quando era già intervenuta una crisi del rapporto coniugale, il marito si accorgeva di non trovare più, fra i propri documenti, il certificato obbligazionario e ne denunciava lo smarrimento, ottenendo dalla società debitrice il rilascio di un duplicato.

Successivamente, dopo la scadenza del titolo, si rivolgeva alla società emittente la moglie esibendo l’originale del titolo e chiedendo il pagamento del capitale e degli interessi.

Immediatamente dopo, anche il marito chiedeva a sua volta alla debitrice la restituzione del capitale e degli interessi maturati.

La società debitrice, depositata la somma richiestagli in pagamento presso una Banca, chiamava in giudizio entrambi i coniugi per far accertare al Giudice la legittimità del suo operato.

Il marito si costituiva in giudizio sostenendo l’estraneità del credito incorporato nei titoli obbligazionari dalla comunione immediata ex art. 177, 1°co., lett. a), c.c. e, poiché per la sottoscrizione dei titoli obbligazionari aveva impiegato esclusivamente proventi della sua attività lavorativa, affermava la rilevanza del credito solo sotto il profilo della comunione differita ex art. 177, 1°co., lett. c), c.c. Chiedeva quindi la condanna della società attrice al pagamento a suo favore del capitale e degli interessi.

Anche la moglie si costituiva in giudizio, affermando che i titoli obbligazionari, in quanto acquistati durante il matrimonio, erano caduti in comunione immediata ex art. 177, 1°co., lett. a), c.c.

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, accoglievano la domanda della società attrice e della moglie affermando che il denaro depositato presso la Banca apparteneva ed entrambi i coniugi.

Contro la decisione di secondo grado proponeva ricorso in Cassazione il marito, chiedendo alla Corte di legittimità di stabilire se la sottoscrizione durante il matrimonio di un titolo di credito e, nello specifico, di un’obbligazione emessa da una società per azioni, debba essere considerata come un “acquisto” ai sensi dell’art. 177, 1°co., lett. a) c.c., con la conseguente caduta in comunione.

Come è noto, infatti, il suddetto articolo, al primo comma, dispone che costituiscono oggetto della comunione tutti “gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali di cui all’art. 179 c.c.”.

La giurisprudenza tradizionale, in conformità all’orientamento dottrinale che riteneva che oggetto della comunione possono essere solo diritti reali, ha sempre interpretato tale disposizione nel senso per cui la comunione legale tra i coniugi di cui all’art. 177, 1°co., lett. a) riguardi solo gli “acquisti”, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della cosa (o del bene) o la costituzione di diritti reali sulla stessa, non anche i diritti di credito, i quali per la loro stessa natura personale e relativa (pur se strumentali rispetto all’acquisto della cosa) sono stati finora considerati insuscettibili di cadere in comunione legale.

La sentenza in commento (del 9 ottobre 2007, n. 21098) è innovativa rispetto all’orientamento tradizionale.

Infatti, pur confermando la soluzione dei giudici di merito secondo cui “i titoli obbligazionari per cui è causa, pur essendo stati acquistati con i proventi dell’attività separata dell’appellante, rientrano nella comunione prevista dall’ art. 177, comma 1, lett. a) cod. civ., in relazione agli acquisti effettuati durante il matrimonio da uno solo o da entrambi i coniugi”, circa il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, avverte anche la necessità di considerare che la tesi secondo la quale solo i diritti reali possono rientrare fra gli “acquisti” previsti dall’art. 177, comma 1, lett. a), cod. civ. nella comunione legale dei coniugi, non appare più “sostenibile, non esistendo validi argomenti di ordine letterale o sistematico che la giustifichino”.

Sotto l’aspetto letterale, infatti, considera la Corte, la norma appare idonea a ricomprende nella comunione gli atti acquisitivi di ogni genere di “bene”, inteso quale “cosa” oggetto di ogni tipo di diritto, non contenendo la norma “alcuna specificazione delimitativa”.

Sotto l’aspetto sistematico, precisa la Corte che la comunione legale dei coniugi, così come regolata dagli artt. 177 e segg. cod. civ., è un istituto che prevede uno schema normativo finalizzato alla tutela della famiglia attraverso speciali forme di protezione della posizione dei coniugi e, con particolare riferimento al regime degli acquisti, la ratio della disciplina è quella di attribuirli ad entrambi i coniugi indipendentemente dal “carattere del bene che venga acquisito” e dalla “natura reale o personale del diritto che ne forma oggetto”. Ne consegue, secondo il Supremo Collegio, che “anche i crediti, in quanto “beni” ai sensi degli artt. 810, 812 e 813 c.c. sono suscettibili di entrare in comunione .... attraverso lo speciale meccanismo di acquisizione previsto dall’art. 177, comma 1, lett. a) c.c.

Tuttavia, si affretta a precisare la sentenza in commento, la comunione degli acquisti non può comprendere indistintamente tutti i diritti di credito che ciascun coniuge acquista con il suo operare.

Circa l’elemento che permetterebbe di distinguere tra i crediti che cadono in comunione immediata e quelli destinati a restare esclusi dalla stessa, il Supremo Collegio si limita ad affermare che, come già statuito in precedenza dalla stessa Corte, i titoli di partecipazione azionaria e le quote di fondi d’investimento acquistati da uno dei coniugi con i proventi del suo lavoro personale durante il matrimonio e in regime di comunione, entrano a far parte della comunione legale quali componenti patrimoniali che hanno un loro valore economico.

Analoga soluzione deve essere affermata anche per i titoli obbligazionari.

Infatti, una volta ritenuto che anche i diritti di credito possono essere oggetto di acquisto della comunione immediata ex art. 177, 1°co., lett. a) c.c. allora non può negarsi che anche i titoli obbligazionari acquistati dal coniuge con i proventi della propria attività personale, quali titoli che incorporano diritti di credito, entrino in comunione, atteso che questi oggi costituiscono una delle forme più diffuse d’investimento della ricchezza.

In conclusione, i titoli obbligazionari, come anche le azioni, le quote di fondi d’investimento, le quote di partecipazione di società a responsabilità limitata e i titoli di stato (non anche la cambiale o l’assegno), quali titoli “di massa” con un loro valore economico, “costituiscono una forma d’investimento del denaro non assimilabile in alcun modo al deposito bancario in conto corrente, il cui saldo non rientra nella comunione dei beni ex art. 177 comma 1 lett. a) c.c. proprio perché non rappresenta una forma d’investimento dello stesso, rientrando invece solo nella comunione de residuo ai sensi dell’art. 177, comma 1, lett. c)”.

Pertanto, la pronuncia in questione, se da un lato risolve il caso di specie qualificando i titoli obbligazionari acquistati durante il matrimonio da un coniuge con i proventi del suo lavoro come “beni” che entrano in comunione immediata, dall’altro coglie l’occasione per superare il suo tradizionale orientamento ed affermare che anche i diritti di credito, che costituiscono forme di investimento, cadono in comunione tra i coniugi.

L’orientamento è stato in seguito confermato dalle sentenze: Cass. Sez. II, 2 febbraio 2009, n. 2569 e Cass. Sez. V, 23 febbraio 2011, n. 4393.

Dott.ssa Francesca Baldelli