201501.19
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SUCCESSIONE: IL DIRITTO DI ABITAZIONE DELLA VEDOVA PREVALE SU QUELLO DELLA FIGLIA COEREDE CONVIVENTE Tribunale di Taranto, Sez. II, Ordinanza del 5 novembre 2013, n. 2577

Come è noto, l'art. 540 2°co. c.c. attribuisce al coniuge superstite il diritto di abitazione sulla casa adibita dai coniugi a residenza familiare e l’uso dei mobili che la arredano. Tale diritto, riservato in via esclusiva al coniuge, solo di riflesso si estende anche ai figli minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti che convivono con il genitore superstite.

Pertanto, in caso di conflitto tra il coniuge titolare del diritto di abitazione e il figlio maggiorenne, prevale necessariamente il diritto del primo, anche se il figlio ancora convivente con il genitore ha sull’abitazione il compossesso che gli deriva dalla comproprietà ereditaria. Quindi, il diritto di abitazione attribuito dalla legge al coniuge ancora in vita costituisce una deroga alla regola generale della comunione ereditaria di cui all’art. 1102 c.c., che consente a ciascun comunista di servirsi della cosa comune.  

Il principio esposto è stato ribadito dal Tribunale di Taranto con l’ordinanza n. 2577 del 5 novembre 2013, chiamato a pronunciarsi sulla domanda di una vedova che ha chiesto la condanna della figlia maggiorenne al rilascio immediato dell’immobile.

La madre, infatti, alla morte del marito, non intendendo più coabitare con la figlia, che, seppureconomicamente autosufficiente, non contribuiva al pagamento delle spese relative all’immobile, ha deciso di proporre domanda al Tribunale di Taranto con procedimento ex artt. 702 e ss..

La vedova ha basato la sua domanda su due circostante: la prima in relazione al fatto che, avendo i coniugi un altro figlio, oltre alla convenuta, nella comunione ereditaria la donna godeva di una maggiore quota di comproprietà; la seconda, soprattutto, in quanto, a seguito della morte del marito, la stessa aveva acquisito il diritto di abitazione sulla casa ai sensi dell’art. 540 2°co. c.c..

A nulla, dunque, è valsa la difesa della figlia, la quale si è costituita sostenendo in atti che il suo diritto al compossesso della casa derivava dalla comunione ereditaria.