Young couple at home sitting on living room sofaIn caso di cessazione della convivenza spesso si pone il problema dell’assegnazione della casa familiare, in assenza di figli.

A seguito dello scioglimento della convivenza, infatti, possono sorgere questioni in relazione alla casa adibita ad abitazione della coppia, a seconda che la stessa sia di proprietà di entrambi i conviventi o di uno solo, o sia condotta in locazione o in base ad un contratto stipulato a favore di uno solo di essi.

La persona convivente, in quanto legata al partner proprietario o detentore dell’immobile da un mero rapporto di fatto, non gode di alcun diritto autonomo alla coabitazione, al pari di quello previsto a favore del coniuge, ma ha soltanto un godimento di fatto. Al riguardo la giurisprudenza, negli ultimi anni, si è mostrata incline a riconoscere al convivente una tutela possessoria, basandosi sul presupposto che la sua posizione non debba assimilarsi a quella dell’ospite, bensì a quella del detentore qualificato, che detiene l’immobile nel proprio interesse.

Con la sentenza 21 marzo 2013, n. 7214, la Cassazione Civile, ricordate le diverse tesi sostenute in giurisprudenza in ordine alla possibilità di riconoscere una tutela possessoria al convivente more uxorio, in considerazione del rilievo sociale che ha ormai assunto la famiglia di fatto, è giunta alla conclusione che la convivenza more uxorio, quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina sulla casa di abitazione, ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente, ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che trova titolo in un negozio giuridico di tipo familiare.

Ne consegue che l’estromissione violenta e clandestina dall’unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittimi quest’ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio, mediante ricorso al giudice. Ciò vale anche quando il convivente che si renda autore dello spoglio non vanti un diritto di proprietà sull’immobile, ma ne sia solo il detentore in ragione di un contratto di locazione o di comodato.

La conclusione così raggiunta dalla giurisprudenza trova applicazione anche qualora lo spoglio sia compiuto da un terzo, nei confronti del convivente del detentore.

Il convivente pertanto gode della casa familiare di proprietà del compagno o della compagna, per soddisfare un interesse proprio, oltre che della coppia, sulla base di un titolo personale, la cui rilevanza sul piano giuridico, si da assumere i connotati tipici della detenzione qualificata, discende direttamente da quell’art. 2 della Costituzione che, tutelando le formazioni sociali in cui si svolge e si sviluppa la personalità dell’individuo, riconosce tutela e rilevanza giuridica anche alla famiglia di fatto.  

Il problema dell’assegnazione dell’abitazione familiare dei conviventi naturalmente cambia in caso di presenza di figli, poiché, in tal ipotesi, il godimento della casa è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolamentazione dei rapporti economici dei genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Inoltre, il diritto al godimento della casa viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella stessa, o abbia instaurato una nuova convivenza o abbia contratto un nuovo matrimonio. Vale pertanto la medesima disciplina applicabile in caso di separazione o di divorzio.

La giurisprudenza si è occupata del tema della sorte della casa familiare in caso di morte del convivente. Come è infatti noto, tra i conviventi non si fa luogo a successione legittima ed i diritti ereditari possono derivare solo dalla disposizione testamentaria di uno dei conviventi a favore dell’altro. La giurisprudenza di legittimità ha però riconosciuto, con orientamento costante, che in ipotesi di convivenza more uxorio in un immobile di proprietà esclusiva di uno solo dei conviventi, la morte di quest’ultimo non determini il venir meno della detenzione qualificata in capo al convivente superstite. Inoltre, la Consulta ha riconosciuto che al convivente more uxorio spetti il diritto a succedere nel contratto di locazione al convivente deceduto,  che era conduttore di un immobile urbano adibito ad abitazione.