201504.07
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È RAPINA IMPOSSESSARSI DEL TELEFONO CELLULARE DELLA EX FIDANZATA Cassazione Penale, Sez. II, Sentenza del 19 marzo 2015 n. 11467

Nel caso sotteso al pronunciamento in commento, un ragazzo ventiquattrenne veniva condannato dalla Corte di Appello di Bari alla pena di anni due e mesi due di reclusione, oltre ad € 600,00 di multa, per i reati di tentata violenza privata, violazione di domicilio, lesioni personali e rapina, in quanto, al fine di dimostrare i tradimenti della sua ex fidanzata al padre di lei, era entrato in casa di quella e, strattonandola, le aveva rubato il cellulare alla ricerca di messaggi compromettenti.

Avverso tale sentenza aveva proposto ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore, sollevando quattro motivi di gravame.

In particolare, con riferimento al delitto di rapina, il difensore contestava la sussistenza del dolo specifico non potendosi, a suo dire, considerare ingiusto il profitto morale perseguito dal ragazzo impossessandosi del telefonino della ex fidanzata al solo fine di far conoscere al padre di lei la scorrettezza del comportamento della figlia.

I giudice della Seconda Sezione penale hanno ritenuto tale motivo manifestamente infondato.

Ricordano infatti gli ermellini che secondo un indirizzo consolidato e risalente della stessa Corte, nel delitto di rapina, di cui all’art. 628 c.p., che sanziona “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”, il profitto può concretarsi in qualsiasi utilità, anche solo morale, in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di ricavare, anche non immediatamente, dalla propria azione.

Nel caso di specie, il ricorrente ha riconosciuto di aver agito per perseguire un’utilità morale sottraendo il cellulare alla sua ex fidanzata.

Tale riconosciuta finalità, a parere del Supremo Collegio, integra pienamente il requisito dell’ingiustizia del profitto morale che l’agente intendeva ricavare dall’impossessamento del telefono della vittima, in quanto l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera delle libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione di cui all’art. 2 Cost.

In conclusione, a parere del Supremo Collegio, nel caso di specie non può dubitarsi della sussistenza del requisito dell’ingiustizia del profitto (anche se solo morale) perseguito dall’agente mediante l’impossessamento del telefono della sua ex fidanzata in quanto la pretesa dell’agente di “perquisire” il telefono della ex fidanzata alla ricerca di messaggi compromettenti assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta proprio perché, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna.

Il caso ha quindi offerto alla Corte l’occasione di formulare il seguente principio di diritto: “nel delitto di rapina sussiste l’ingiustizia del profitto quando l’agente, impossessandosi della cosa, persegua esclusivamente un’utilità morale, consistente nel prendere cognizione dei messaggi che la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto, trattandosi di finalità antigiuridica in quanto, violando il diritto alla riservatezza, incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane”.

Dott.ssa Francesca Baldelli