convivenza 4 avvocato cagliCome noto, con la sentenza di separazione o il decreto di omologa della stessa, come anche con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il giudice può stabilire l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno, quando quest’ultimo non abbia mezzi adeguati di sostentamento o comunque, quando non possa procurarseli per ragioni oggettive

In tema di diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio, la giurisprudenza ha riconosciuto che il parametro dell’adeguatezza dei mezzi economici rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale, che giustifica la corresponsione a favore di uno dei coniugi dell’assegno divorzile, venga meno di fronte all’instaurazione da parte di questi di una famiglia di fatto.

È evidente, infatti, che la convivenza more uxorio, che si instaura con carattere di stabilità, determini di fatto a carico dei conviventi, per effetto della comunione di vita, prestazioni riconducibili all’assistenza materiale e dei contributi economici per il soddisfacimento delle comuni esigenze di vita.  Inoltre, laddove un convivente sia sprovvisto di reddito, spesso accade che l’altro convivente assuma su di sè spontaneamente anche il carico delle spese per il mantenimento di entrambi. In ragione di ciò la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni affermato che l’avvio di un rapporto di convivenza, ancorché di fatto, rescinda, anche se non in modo definitivo, ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, venendo conseguentemente meno ogni presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile. Pertanto, al convivente more uxorio che ne faccia richiesta, fino a che perduri il nuovo rapporto di fatto, non verrà riconosciuto alcun assegno, difettando il presupposto principale per la sua corresponsione. 

Secondo quanto disposto dal penultimo comma dell’art. 5 della legge sul divorzio (n. 898/1970), l’obbligo di corrispondere l’assegno viene meno automaticamente ed irrevocabilmente quando il coniuge divorziato, che ne è beneficiario, passi a nuove nozze. In riferimento a tale disposizione, la giurisprudenza si è interrogata sulla possibilità di estenderne l’applicazione al caso in cui il coniuge beneficiario instauri un rapporto di convivenza more uxorio, senza contrarre nuove nozze.

In tal ipotesi, pur negando l’applicabilità in via estensiva ed analogica dell’art. 5, penultimo comma, legge 898/1970, la giurisprudenza ha ammesso che del contributo economico fornito dal convivente possa tenersi conto ai fini dell’attribuzione e della commisurazione dell’assegno, riconoscendo così alla convivenza more uxorio una rilevanza di tipo fattuale, in ordine alla valutazione della situazione economica dell’avente diritto. Per la Suprema Corte la situazione economica non è rappresentata solo dai redditi da lavoro o derivanti da cespiti patrimoniali, ma anche da qualunque altro introito avente carattere di stabilità, come le attribuzioni derivanti dal convivente more uxorio, le quali possono pertanto condurre, a seconda della loro misura, a ridurre o ad escludere del tutto il diritto all’assegno. Ne discende che con la convivenza more uxorio l’obbligo alla corresponsione entra in una sorta di quiescenza o di sospensione, eventualmente anche parziale, che non ne esclude la reviviscenza in caso di rottura della nuova relazione.